Prima la riconosco, prima intervengo, meglio intervengo: l’importanza di sintomi e diagnosi
Poichè la malattia appare solo quando l’entità della degenerazione neuronale è cospicua la neurologia negli ultimi anni si è impegnata a identificare dei sintomi precoci di malattia. Questi studi hanno permesso di dimostrare che la riduzione dell’olfatto, la deflessione dell’umore, le alterazioni del sonno e la stipsirappresentano le manifestazioni precoci più attendibili per predire una possibile malattia parkinsoniana. Purtroppo questi sintomi non sono specifici solo per la malattia di Parkinson e devono sempre essere inseriti nel contesto del paziente e affidati alla sensibilità del medico per acquisire il giusto valore prognostico.
I sintomi motori costituiscono invece i marcatori più caratteristici e specificamente diagnostici in grado di incidere maggiormente sulle autonomie del paziente e sulla propria funzione sociale e lavorativa. Essi sono:
- il tremore che compare tipicamente a riposo, viene abolito dal movimento ed accentuato dalle condizioni di stress psicofisico in cui aumenta la richiesta prestazionale;
- la rigidità che condiziona una maggiore lentezza nel camminare, nello scrivere, nel parlare, nel vestirsi;
- l’instabilità posturale che causa spesso cadute
Circa i sintomi che interessano umore e sfera cognitiva essi sono molto frequenti anche se la loro gravità e il relativo grado di interferenza con le attività quotidiane è molto variabile.
I disturbi psichiatrici più ricorrenti sono la depressione dell’umore, tipicamente dominata da perdita dell’iniziativa e anedonia, e la sintomatologia allucinatoria che varia da quadri di allucinazioni semplici fino a quadri più complessi di delirio (come spesso si osserva nella malattia a corpi di Lewy).
Per le problematiche cognitive il disturbo più caratteristico è dato dalla cosiddetta sindrome disesecutiva che si manifesta con una tipica diffcoltà da parte del paziente a organizzare e pianificare più compiti contemporaneamente. Questo disturbo appare sostanzialmente diverso da quanto avviene nella malattia di Alzheimer dove a dominare sono i deficit delle funzioni corticali come memoria e prassia.
Diagnostica strumentale
La diagnosi di m. di Parkinson è una diagnosi sostanzialmente clinica dove cioè i dati anamnestici e i segni clinici raccolti durante la visita sono sufficienti nell’inquadrare correttamente la patologia. Il ricorso a esami neuroradiologici come la TAC o la RMN encefalo sono comunque un utile supporto per escludere tutte quelle forme secondarie in cui la sintomatologia del paziente è mediata non da un processo degenerativo ma da altre patologie (vascolari, infiammatorie, tumorali, idrocefaliche) suscettibili di terapie differenti da quella dopaminergica.
Grazie al supporto delle metodiche di imaging funzionale (SPECT cerebrale con DATscan, PET con fluorodopa) è infine possibile individuare, nei casi dubbi, una precoce disfunzione del sistema dopaminergico. L’ estensione degli studi funzionali di medicina nucleare a organi extraneurologici come il cuore (SPECT con MIBG) consente invece di discriminare fra Parkinson idiopatico e parkinsonismo atipico laddove nel primo è presente una denervazione del sistema autonomico assente nel secondo.
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